martedì 12 aprile 2011

Tutto può cambiare

Primo luglio duemilaotto, anzi no la notte del primo luglio duemilaotto in una stanza di Roma la luce è ancora accesa. E' mezzanotte passata e un adolescente come gli altri non si da pace nel letto. Fa caldo. E' arrivata l'estate, si sente. E' sudato, va in cucina e nel silenzio della casa spenta si sente solo il rumore dell'acqua che lui sta bevendo. Prende la bottiglia e la porta alle labbra sudate inizia a sorseggiare fin quando non si sente pieno poi chiude la bottiglia e la porta con se in camera. Rientra e chiude la porta davanti ha il letto, troppo caldo pensa per risdraiarsi e sudare girarsi a destra e a sinistra cercando invano la posizione giusta, allora va alla finestra. Tra i buchi della serranda si vede passare la luce dei lampioni, guarda di fuori due persone che rientrano in casa mentre lui vorrebbe non esserci. Allora continua il giro della stanza, meglio non guardare fuori. Si siede alla scrivania e si ferma a pensare, si guarda dentro ora. Pensa all'anno scolastico concluso, alle amicizie concluse a quelle iniziate e a quelle continuate, a quelle vicine e a quelle lontane. Accende l'iPod, il silenzio gli fa paura. Si sente solo coi pensieri che ogni volta si dividono in due strade: o diventa un sognatore, di quelli che vedono il sole e pensano sia lo stato d'animo di una persona conosciuta, se c'è il sole quella persona è felice, se piove o è triste o succede qualcosa che lo allontana da quella persona, se non diventa sognatore diviene pessimista, uno di quelli che può partire anche da un parto, da un bambino che si affaccia alla vita ma arriverà sempre ad una conclusione triste. Lui se ne convince "non sono io pessimista, anzi sono realista non è colpa mia se la realtà è pessima". Lui in fondo la sua vita la vive, ha solo sedici anni ma affronta le giornate cercando di portare sorrisi. Spesso finge anche, recita in famiglia per stare tutti allegri col sorriso. Sembra che stanno in televisione che tutto deve sembrare perfetto anche quando non lo è per nulla. In un attimo si incazza coi suoi, vuole scappare, borbotta dentro ma non replica mai fuori e alla fine conlude ogni ragionamento consolandosi da solo, pensando che in fondo non gli manca niente, che c'è chi al mondo non può nemmeno incazzarsi per certe cose, chi non può nemmeno cominciare a piangere appena nato che subito si ritrova morto. E allora non si lamenta lui, pensa che c'è davvero chi dovrebbe lamentarsi e non lo fa, e lui che potenzialmente potrebbe avere tutto ciò che vorrebbe perchè dovrebbe lamentarsi?! Si dà le sue spiegazioni da solo nella sua testa per convincersi ma alla fine mica ha scelto lui di nascere qui, mica ha scelto lui di vivere, mica può dannarsi eternamente l'animo perchè altri uomini come lui se ne fregano di tutto ciò e fanno sì che in pochi secondi un bambino nasce e subito muore. Mentre lo pensa si dice ancora che non è colpa sua di certo, ma se tutti se ne fregassero non si risolverebbe mai nulla. Però dice anche che finchè avrà i suoi problemi da sbrogliare, benché piccoli, cercherà di risolverli. Tanto un sedicenne di Roma mica può cambiare il mondo. Lascia stare i pensieri spegne tutto e va a letto, gira e rigira trova la posizione adatta perché oramai non ce la fa più a girarsi e si addormenta. Il mattino seguente si sveglia e già sembra tutto troppo silenzioso, troppo strano. Mamma è a lavoro, la sorella fa la spesa o è dal parrucchiere. Va in cucina, accende la tv, non lo guarda il tg per scelta ma anche su mtv si parla solo di quello. Mentre lui era in camera sua quella notte a pensare, a Roma erano le 02.06. A New York invece erano le 20.06 e in quella serata in una casa di New York un sedicenne come lui girando per la casa vide la porta della cantina che il padre gli vietava di oltrepassare pensò che tanto era solo in casa, non l'avrebbe saputo nessuno. Appena dentro venne illuminato da una scatoletta che emanava luce verde. Incuriosito si avvicinò e vide di fianco alla scatoletta un telecomando con un pulsante rosso. Preso un po' dall'agitazione si mosse di scatto verso la porta che intanto si era chiusa ma sbadatamente fece cadere a terra il telecomando e schiacciò con il piede il pulsante rosso. Sulla scatoletta verde cominciarono a comparire i nomi di grandi città mondiali: Berlino, Parigi, Praga, Roma, Los Angeles, Tokio e le altre. Quel solo pulsante aveva fatto esplodere in ogni città del mondo tutte le banche e quasiasi tipo di istituzione politica. Fu allora che gli uomini dell'Africa tornarono ad essere uguali a quelli dell'Asia, dell'Europa e delle Americhe. Un sedicenne come lui aveva cambiato il mondo. Subito il ragazzo romano si svegliò dal sogno e guardando la sveglia vide che erano ancora le 04.37 della stessa notte, ma lui era cambiato. In lui era nata la consapevolezza che, anche se può sembrare strano ed impossibile, ognuno di noi può cambiare il mondo. Perché fin qui l'abbiamo portato noi e nessun altro. E non è uno di quei film hollywoodiani con un pugile a centro ring che urla il nome della donna amata che inizia per "A" e finisce per "driana". E' solo il pensiero di un sedicenne romano che alle 02.06 di notte del primo luglio duemilaotto non riusciva a dormire per il caldo.

JR

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